Elisabetta Irrera


Elisabetta Irrera inizia il percorso teatrale a 18 anni, per una scelta dell’io.
Frequenta la prima scuola di teatro, a Roma, “Il circo a vapore”, dove incontra il primo grande Maestro: Emmanuel-Gallot-La Vallèe, allievo di Lecoque, che le imprime un approccio al teatro creativo e fantasioso, instradandola verso la ricerca della propria maschera, dell’autoironia, dell’equilibrio.
Approda poi alla “Clesis” dove, grazie a  Carlo Merlo acquisisce importanti strumenti per l’uso della voce. Quindi fa altre esperienze laboratoriali e lavora al Teatro dell’Orologio, alla produzione di due spettacoli: Cechov e Maeterlinck (in ruolo di protagonista) ma ancora la strada della formazione è lunga: a 22 anni entra all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” dove, durante i tre anni di studio e lavoro, consolida e raffina gli strumenti del mestiere, imparando, nel contempo, a confrontandosi quotidianamente con il difficile mondo del teatro: lavora con registi storici come Mario Ferrero, con giovani  e affermati come Lorenzo Salvati, con registi televisivi come Pino Passalacqua.


Dopo il diploma, frequenta il 4° anno di perfezionamento specializzandosi in Pedagogia teatrale: inizia così l’amore per l’insegnamento che si svilupperà poi in molte direzioni.

Nel frattempo incontra sahaja yoga che diventa, da subito, una pratica quotidiana fondamentale, e uno strumento indispensabile di conoscenza di sé.


Lavora in teatro con alcuni registi, facendo tournee in varie parti d’Italia, finchè, a 27 anni dà vita al suo primo spettacolo, come coautrice, regista ed attrice: “I cinque elementi”. Poi ne seguono altri: “La storia di Qua nin”, “Rinascita”, “Il mistero delle cose”, “Odissea swing”. Nel 2007 dirige un musical “Le porte d’oro di Ellis Island”.


Attualmente, oltre a svolgere il mestiere di attrice, regista, autrice ed insegnante, collabora spesso alla web tv “donnatv.it” in qualità di narratrice ed intervistatrice.

Nell’insegnamento del teatro fa confluire le conoscenze acquisite dallo yoga e dalla dolce medicina degli indiani d’America, creando un modo nuovo e personalissimo di fare teatro, rivolto alla scoperta del sé, dell’altro attraverso l’ascolto, il movimento, il gioco.

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